La storia letteraria a Trieste è unica e irripetibile. All’inizio degli anni ’20 è stata una delle culle del modernismo perché in tre soli anni, di cui a breve cadranno i centenari, qui hanno visto la luce il Canzoniere di Umberto Saba (1921), l’Ulisse di James Joyce, pubblicato a Parigi ma concepito e iniziato a Trieste (1922) e La coscienza di Zeno di Svevo (1923). E in quegli stessi anni Ivo Andrić, viceconsole a Trieste concepiva un romanzo ambientato in città, il giovane poeta sloveno Srečko Kosovel stampava i suoi versi costruttivisti e Rainer Maria Rilke le sue Elegie Duinesi.
“La mia anima è a Trieste”
James Joyce
Più avanti autori come Giani Stuparich e Giorgio Voghera, gli sloveni Vladimir Bartol e Boris Pahor e l’istriano Fulvio Tomizza hanno intrecciato dolorosamente la loro vita e la loro arte con gli sconvolgimenti successivi alla Seconda Guerra Mondiale e infine una nuova generazione, fra cui spicca Claudio Magris, universalizzando vicende ed emozioni, ha aperto la riflessione su ciò che accomuna le genti di Trieste.