1904
Un difficile avvio
Quando James e Nora lasciano Dublino, sono diretti a Zurigo, dove la sede della Berlitz School, famosa multinazionale dell’insegnamento delle lingue, avrebbe dovuto offrire a Joyce un posto di insegnante di inglese. Ma il posto è già occupato e i due vengono dirottati verso la sede di Trieste, che raggiungono dopo una notte all’addiaccio a Lubiana, dove sono scesi dal treno convinti di essere giunti a destinazione. Appena arrivati a Trieste il 20 ottobre, James lascia Nora ad aspettarlo su una panchina nei giardini di fronte alla stazione e si avvia in cerca di una camera. Finirà arrestato a causa di un comico errore, ma il console britannico lo farà subito scarcerare. Il giorno dopo, recatosi alla Berlitz, verrà informato che neppure qui è disponibile l’agognata posizione. James e Nora verranno indirizzati alla filiale di Pola, capoluogo della penisola istriana.
Sopra: Marinai inglesi nel porto di Trieste nell’ottobre del 1904 > coll. Fototeca CMSA
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Pola, veduta del centro cittadino ai primi del Novecento > coll. Museo Joyce – Fondo fotografico
1905
1907
«La nostra bella Trieste»
James e Nora sono di nuovo a Trieste agli inizi di marzo 1905. Quando, il 27 luglio nasce il primo figlio Giorgio, hanno già traslocato in un appartamento in via San Nicolò, molto vicino alla sede della Berlitz. Il 26 luglio 1907 nascerà Lucia. Come a Dublino, Pola, Zurigo e Parigi, i repentini cambi di residenza rappresentano una costante della vita di Joyce. All’origine di questa abitudine ci sono difficoltà economiche e frequenti cambiamenti della composizione familiare. Ma in questo i Joyce non sono un’eccezione: nella Trieste dell’epoca cambiare spesso casa è una pratica molto diffusa, con addirittura un calendario semestrale per i traslochi.
La sede della Berlitz School si trova accanto all’arco romano di Pola, detto Porta Aurea. L’impatto con la cittadina istriana, sede dell’Arsenale della Marina Militare austriaca, non è dei migliori: complice un appartamento freddo e umido e le ridotte occasioni di divertimento, a Joyce Pola pare una «Siberia navale».
Nell’autunno del 1905, Stanislaus Joyce, secondogenito di John e May Joyce, accetta l’invito di James e lo raggiunge a Trieste, dove trascorrerà il resto della sua vita a lavorare come apprezzato insegnante di inglese. Svolge un ruolo importantissimo nella vita del fratello. Nel 1909 anche le sorelle Eva e Eileen si trasferiscono a Trieste.
“Il Poliglotta” della Berlitz School
Cartolina
“Il Poliglotta. Giornale mensile dedicato alle gentili Alunne ed egregi Alunni della Berlitz School”, anno I, n. 2, ottobre 1902, pagina 1 e 9. (...) APRI
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Trieste - Gibilterra – Trieste
Nel 1939 Herbert Gorman, amico di Joyce a Zurigo, pubblica la prima biografia dell’ormai famosissimo scrittore, verificata e autorizzata da Joyce stesso. Qui compare una lunga descrizione di Trieste. Le corrispondenze testuali tra l’immagine di Trieste in Gorman e il ricordo di Molly della Gibilterra della sua infanzia e adolescenza nell’ultimo episodio dell’Ulisse sono davvero tante.
E se da un lato si capisce che la Gibilterra di Molly deve molto alla Trieste di Joyce, dall’altro è come se, negli anni in cui lo scrittore accompagnava Gorman nella stesura della biografia, nel raccontare di Trieste egli avesse in mente la celebre chiusa del suo capolavoro.
HERBERT GORMANN, James Joyce, 1939
«Mentre altri racconti di Gente di Dublino venivano composti [Joyce] si tuffava nella variegata vita di Trieste con il piacere di un delfino che si tuffa in acque che gli sono familiari. Ogni aspetto della città sembrava piacergli, la vita pittoresca lungo le banchine,
le usanze variegate della città vecchia, con le vinerie e le osterie a buon prezzo, i carri trainati dai buoi
che sferragliavano lungo le strade,
le processioni costanti quando le coperte rosse venivano appese fuori dalle finestre e le candele accese baluginavano dietro a esse,
gli Albanesi nei loro costumi tradizionali e
le donne coperte da splendidi scialli,
perché nessuna di loro indossava il cappello all’uscita dal teatro, le innumerevoli botti di caffè fuori dai negozi e il loro ricco aroma che impregnava l’aria,
le angurie giganti ammucchiate nelle piazze e la luce che si rifletteva sulla loro cremisi polpa succulenta
fino alle due o alle tre del mattino, la domenica
gli uomini intenti a bighellonare e a giocare a bocce o a morra,
le maschere di carnevale che affollano le strade il mercoledì delle ceneri, i cappelli di castoro e le pellicce e i colli colorati e gli scialli di seta che passavano da ogni lato,
l’immagine dell’Imperatore Franz Joseph con baffoni e basette in tunica bianca a decorare ogni tabaccheria,
l’enorme usciere incipriato che chiamava le carrozze e le tre stagioni teatrali – la stagione del Natale e del Carnevale al Teatro Comunale e la stagione estiva nei teatri all’aperto e la stagione autunnale al Politeama,
il chiacchiericcio di chi compra e chi vende nei mercati, perché lì non ci son prezzi fissi, l’odore del pesce e la vista delle granseole cucinate nei loro gusci,
le innumerevoli osterie con nomi propri, e, soprattutto, i Triestini, caritatevoli, arguti, irreligiosi, scettici, amanti dei dolci e del vino rosso d’Istria e del liquoroso rosé l’Opollo di Lissa. Persino la ‘bora’, quel vento terribile che soffia talmente forte che per le strade si devono tendere le funi per soccorrere i pedoni, lo affascinava come uno dei fenomeni irresistibili della natura. Molti anni dopo così disse a un amico: “Non potrei nemmeno cominciare a farti arrivare il sapore del vecchio Impero Austriaco. Era qualcosa di sgangherato e traballante, ma era affascinante e bello, allegro, e a Trieste ho incontrato gentilezza come mai prima né dopo in vita mia… Il tempo non torna indietro, ma vorrei che quel tempo tornasse”»
JAMES JOYCE, Ulisse, 'Penelope' 1580-1600
«…e non gli diedi una risposta prima soltanto guardavo il mare e il cielo e pensavo a così tante cose che lui non sapeva a Mulvey e il signor Stanhope e il vecchio capitano Groves e
ai marinari che giocavano a all birds fly e cioè stoop e washing up dishes
lo chiamavano sul molo e
la sentinella davanti alla casa del governatore con quella roba intorno all’elmetto bianco
povero diavolo mezzo arrostito e
le ragazze spagnole che ridevano nei loro scialli e i pettini alti e le aste al mattino i Greci e gli ebrei e gli arabi e il diavolo sa chi altro da ogni angolo d’Europa
e Duke Street e
il mercato del pollame che chiocciava
fuori da Larby Sharons e i poveri ciuchi che scivolavano mezzi addormentati e quei tipi strani nei loro mantelli addormentati all’ombra sugli scalini e
le grandi ruote dei carri dei buoi e il vecchio castello vecchio di migliaia d’anni
sì e quei bei Mori tutti in bianco e turbanti come re che ti chiedevano di sederti nel loro buco di negozietto e Ronda con
le vecchie finestre delle posadas 2 glancing eyes a lattice to hid
per il suo amore spagnolo il ferro da baciare e
le vinerie mezze aperte la sera
e le nacchere e la sera che abbiamo perso la nave ad Algeciras la guardia che andava avanti e indietro serena col suo lampione e O quel torrente spaventoso profondo
O e il mare il mare cremisi a volte come fuoco e i meravigliosi tramonti
e gli alberi di fico nei giardini di Alameda sì e tutte quelle stradine strane e le case rosa e blu e gialle e i giardini di rose e il gelsomino e i gerani e i cactus e Gibilterra da ragazza dove ero un Fiore di montagna sì quando ho messa la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse or shall I were a read sì e come mi ha baciato sotto le mura moresche e ho pensato beh lui o un altro fa lo stesso poi gli ho chiesto con gli occhi di chiedere di nuovo sì e poi me l’ha chiesto se dicevo di sì mio fiore di montagna e prima gli ho messo le braccia attorno sì e l’ho tirato giù verso di me ché poteva sentire i miei seni tutto profumo sì e il suo cuore batteva all’impazzata e sì ho detto sì voglio Sì.»
[traduzione di Laura Pelaschiar]
1907
1912
Giornalista, conferenziere, imprenditore
Dopo otto insoddisfacenti mesi a Roma come corrispondente in una banca, Joyce torna a Trieste. Italo Svevo diventa suo allievo, come il giornalista Roberto Prezioso, che gli chiede una serie di articoli sull’Irlanda per il “Piccolo della Sera”. Il parallelismo allusivo tra l’Irlanda oppressa dai britannici e Trieste oppressa dagli austriaci appassiona i lettori irredentisti. Anche una conferenza che tiene all’Università Popolare – ad invitarlo Attilio Tamaro, altro suo studente – tratta di Irlanda, isola di santi e di savi. Le conferenze proseguono anche su altri temi, Shakespeare in primis. Nel darne annuncio, la stampa locale è in evidente difficoltà con lo spelling di un nome che diventa “James Joice”, “James Zois”, “Jame Yoyce”, “Zanus Joyce”. Nell’Ulisse, anche il nome Leopold Bloom viene regolarmente, e comicamente, storpiato.
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1912
1920
«Tergestis exul»
La vita in casa Joyce non è facile: tensioni con Stanislaus e le sorelle, con l’editore di Gente di Dublino; le faticose stesure del Ritratto, di Giacomo Joyce e Esuli; soldi che mancano, sfratti… Finché, nel settembre del 1912, Stannie trova per il fratello un appartamento in Via Bramante 4. Comincia così un periodo relativamente lungo e sereno: lo scrittore inizia a comporre i primi tre episodi di Ulisse, ma la guerra impone ai “britannici” Joyce di lasciare Trieste (Stannie viene arrestato e internato in Austria). Nel 1915 la famiglia si trasferisce a Zurigo e torna a Trieste nell’ottobre 1919, per riunirsi a Stanislaus, Eileen e al marito di lei in un appartamento sovraffollato in Via Sanità 2. Qui Joyce continua a scrivere l’Ulisse lavorando soprattutto a ‘Nausicaa’, ‘Buoi del sole’ e ‘Circe’. Nel luglio del 1920, su invito di Ezra Pound, si trasferisce a Parigi. Non ritornerà mai più a Trieste.
Sotto: Annuncio pubblicitario della ditta “Leopold Popper & Co”, che riporta anche la ragione sociale precedente, “Adolf Blum e Popper”. Al di là della grafia, l’origine stessa del nome del protagonista di Ulisse, Leopold Bloom, può facilmente trovarsi qui. Leopold Popper è il padre di Amalia Popper, allieva di Joyce nonché una dei possibili modelli per la «mistery lady» cui è dedicato Giacomo Joyce (1911-14)
> coll. MJ – Fondo fotografico