Il Commiato a Cose leggere e vaganti del 1920, illustrate dal poeta Virgilio Giotti, è una sorta di sintesi visiva della genesi del Canzoniere. Le liriche di Saba vagano spesso dall’una all’altra delle dodici edizioni approvate dal poeta fino alla raccolta canonica del 1945. E, come le bolle, alcune fluttuano, mutando di riflesso o di colori. Altre scoppiano, lasciando solo una traccia. Le possiamo osservare con lo «strumento ottico» approntato da Saba, la Storia e cronistoria del Canzoniere (1948) in cui il poeta critica la sua stessa opera firmandosi Giuseppe Carimandrei.
La pubblicazione del Canzoniere del 1945 non esaurisce la vena del poeta e non placa la sua ansia di rifare se stesso e il mondo in poesie. Dopo tre anni Einaudi stampa un nuovo Canzoniere (1948) in cui vengono corretti molti errori dell’edizione precedente e vengono inserite le liriche della nuova silloge Mediterranee (1946). Seguono diverse riedizioni delle varie raccolte (che danno corpo all’antico progetto di pubblicare il Canzoniere “a puntate”), nuove opere – fra cui Uccelli, che esce per lo “Zibaldone” di Anita Pittoni – e altre edizioni ancora del Canzoniere con piccole varianti. Infine, la raccolta “testamentaria” Epigrafe.
A mia moglie
Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra
Umberto Saba, Poesie
Firenze, Casa editrice italiana, 1911
È il libro in cui il poeta si firma Saba per la prima volta. Questa biografia poetica giovanile è «il primo – sbagliatissimo – libro di versi». Si chiude con la lirica A mia moglie in cui paragona la propria giovane sposa a «tutte | le femmine di tutti | i sereni animali | che avvicinano a Dio».
1912
Trieste
La città dove vivo à una selvaggia
grazia, che adulta serba il bello e il rozzo
d’un ragazzaccio con le mani troppo
grandi per dare un fiore:
è torbida come un amore
con gelosia
Umberto Saba, Coi miei occhi. (Il mio secondo libro di versi)
Firenze, Libreria della Voce, 1912
«Un libretto quadrato, dalla copertina gialla, e il titolo stampato in rosso: i colori di Carmen […] personaggio descritto da Mérimée e cantato da Bizet» che incarna l’esuberanza sensuale di Lina. Dal 1919 la raccolta prenderà il titolo Trieste e una donna e tale rimarrà. «A Trieste il poeta trova una grazia “scontrosa” che gli piace. […] Nelle edizioni precedenti al Canzoniere del 1945 egli la chiama “selvaggia”: l’aggettivo giusto lo trovò scrivendo, a molti anni di distanza, Distacco (in Parole, 1934) e lo riportò alla stesura definitiva di quella poesia, dove l’aggettivo “scontrosa” si sposa meglio all’immagine del ragazzo».
1920
I poeti
Scrivere su vecchie carte versi nuovi
è mio sommo piacere
Umberto Saba, Cose leggere e vaganti
Trieste, La libreria antica e moderna, 1920
Plaquette in 35 esemplari numerati. «La raccolta comprende dodici brevi poesie; il filo che le lega è […] l’aria euforica e di (illusoria) libertà che si respirava negli anni che seguirono immediatamente la Prima guerra mondiale […], lo stato d’animo che inclinava il poeta ad amare le cose che, per la loro leggerezza, vagano, come liete apparenze, sopra e attraverso le pesantezze della vita».
1921
Glauco
Umberto, ma perché senza un diletto
tu consumi la vita, e par nasconda
un dolore o un mistero ogni tuo detto?
Umberto Saba, Il Canzoniere 1900-1921
Trieste, La libreria antica e moderna, 1921
«Comprendeva meno della terza parte di quello che doveva essere poi l’opera completa. Era un libro di 222 pagine fitte di stampa e tirato a soli 600 esemplari». Il primo Canzoniere integra, in una nuova struttura lirica, versi degli anni 1912-1918 circolati in riviste con quelli de L’amorosa spina (1920) che chiude la raccolta. Le Poesie dell’adolescenza, scartate nell’edizione del 1911, sono ora riscoperte: «le sole che amo, le sole che mi ripeta qualche volta fra me e me che non mi danno insomma nessuna ragione di pentimento e di lutto».
1923
Il canto di un mattino
E l’udivo cantare,
per se stesso, ma si che la città
n’era intenta, ed i colli e la marina,
e sopra tutte le cose il mio cuore
Umberto Saba, Preludio e canzonette
Torino, Edizioni di Primo Tempo, 1923
«Al tempo che Saba scriveva le sue canzonette, una canzonetta correva per le vie di Trieste […]. Diceva: Così, piccina mia, così non va; diceva che, se l’amore doveva essere un tormento, era meglio dirgli addio per sempre, e non pensarci più. Nessuna meraviglia che sia piaciuta a Saba, che le deve forse l’idea di scrivere le canzonette».
1926
Il Borgo
Fu come un vano | sospiro
il desiderio improvviso d’uscire
di me stesso, di vivere la vita
di tutti,| d’essere come tutti
gli uomini di tutti | i giorni.
Umberto Saba, Figure e canti
Milano, Fratelli Treves, 1926
La prima raccolta uscita per un’importante casa editrice contiene la produzione successiva al Canzoniere del ’21. Il titolo è un omaggio a Giacomo Debenedetti che nel suo primo saggio su Saba (1929) usa «figure» e «canti» per definire gli elementi più caratteristici della poesia sabiana: epicità e autobiografismo. Il borgo «riflette una parte del dramma umano di Saba, e di tutti gli uomini come Saba, condannati dalla fatalità interna ad una specie di fiera involontaria solitudine».
1926
L'uomo
Era, con tutta la sua forza, in mano
del Fato
Umberto Saba, L’uomo
Trieste, giugno 1926
Breve poema distribuito agli amici, stampato in 25 copie. «Con esso Saba si era preposto di scrivere – compendiata in una figura – la storia naturale di tutti gli uomini […] tutto quello che all’animale uomo generalmente accade: nascere, procreare, invecchiare e morire».
«L’Uomo, non La capra è una poesia ebraica. E l’Uomo di Saba è certamente una figura da Vecchio Testamento».
1928
Preludio
Oh, ritornate a me voci d’un tempo,
care voci discordi!
Umberto Saba, Preludio e fughe
Firenze, Edizioni di Solaria, 1928
Le Fughe sono «voci che si parlano fra di loro, s’inseguono per dirsi cose ora contrastanti, ora concordanti. […] sono in realtà la voce di Saba; l’espressione – diventata poesia – del sì e del no che egli disse alla ‘calda vita’, amata ed odiata al tempo stesso». L’occasione che dà il la alle Fughe è la strana idea di «suonare il violino sul piano, come gli diceva più tardi, ridendo, Italo Svevo»: di suonare Bach, ma a parole.
1929
Tre poesie alla mia balia | Insonnia
Eccola: è viva; in piedi dopo tante
vicende e tante stagioni. Un sorriso
illumina, a vedermi, il volto ancora
bello per me, misterioso.
Umberto Saba, Tre poesie alla mia balia
Trieste, Tipografia Vittorio Levi, 1929
«Trenta esemplari, fuori commercio, per gli Amici dell’Autore» rappresentano l’intera tiratura di questa raccolta di tre poesie composte nell’agosto del 1929. Sono il primo esito della cura psicoanalitica iniziata durante quell’estate con Edoardo Weiss, il primo nucleo della raccolta Il piccolo Berto in cui il poeta va alla ricerca della figura della sua vecchia balia, emersa durante le sedute.
1932
Ammonizione
Che fai nel ciel sereno
bel nuvolo rosato,
acceso e vagheggiato
dall’aurora del dí?
Umberto Saba, Ammonizione ed altre poesie. 1900-1910
Trieste, 1932
“Stampato per conto dell’autore e a cura di Virgilio Giotti” riprende un progetto del 1920 per un Canzoniere suddiviso in più volumetti. Sono ancora una volta le Poesie dell’adolescenza e giovanili a essere risistemate, vagliate, selezionate.
1933
Berto
“Berto – gli dissi – non avere paura.
Io ti parlo così, sai, ma non oso,
o appena, interrogarti. Non sei tu,
tornato all’improvviso, il mio tesoro
nascosto? Ed io non porto oggi il tuo nome?”
Umberto Saba, Tre composizioni precedute da un’Appendice e da Figure e Canti
Milano, Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1933
Il libro ospita i versi che compongono la raccolta Il piccolo Berto: «è una specie di “amoroso colloquio” tra il poeta prossimo alla cinquantina e il bambino ch’era stato (o immaginava di essere stato) […]. Il piccolo Berto non morì mai del tutto; che, se questo fosse accaduto Saba sarebbe completamente guarito e non avrebbe più scritto poesie: non avrebbe più avuto bisogno di scriverne».
1934
Il lago
Piccolo lago in mezzo ai monti – il giorno
le calde mucche bevono ai tuoi orli;
a notte specchi le stelle – mi sento
oggi in un brivido la tua chiarezza.
Umberto Saba, Parole
Lanciano, Carabba, 1934
Saba, benché cinquantenne, sente di inaugurare qui “la sua giovinezza […] la primavera che seguì alla crisi del Piccolo Berto; una grande chiarificazione interna, alla quale risponde un uguale illimpidimento della forma”. Il poeta “ha separato nell’anima sua l’odio dall’amore […], ha vinta cioè l’ambivalenza affettiva che lo aveva fatto tanto soffrire”. Il Lago restituisce il senso e lo stato d’animo da cui è nato “il piccolo libro felice”.
1945
Avevo
Avevo una città bella tra i monti
rocciosi e il mare luminoso.
Umberto Saba, Il Canzoniere (1900-1945)
Roma, Einaudi, 1945
«Il Canzoniere è la storia, il “romanzo psicologico” di una vita». Esce per Einaudi dopo 24 anni dalla prima raccolta. Saba vi lavora incessantemente nel periodo della guerra senza poter ricorrere né ai libri già stampati né agli amici, contando solo sulla propria memoria.
«Compito della poesia» è «riportarci “all’oscuro grembo del mondo”».