L'Oriente
Il prototipo del viaggiatore ottocentesco – avventuroso, instancabile, curioso – è senz’altro l’inglese Sir Richard Francis Burton, che arriva a Trieste dopo una vita di peregrinazioni in tutto il mondo e vi rimane fino alla morte. Del suo Viaggio a Medina e a La Mecca del 1853, travestito da arabo, ha parlato tutta Europa e così delle sue spedizioni alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Ma sono celebri anche i suoi libri dedicati all’India e al Pakistan, da lui conosciuti in gioventù come arruolato della Compagnia inglese delle Indie Orientali, al Nord e al Sud America, all’Islanda, all’Africa Equatoriale.
Sopra:
Da Nord a Sud
Da Fuori a Dentro
Trieste entra nelle descrizioni dei grandi avventurieri settecenteschi, come Giacomo Casanova, che qui soggiorna fra il 1772 e il 1773, e Lorenzo da Ponte, il librettista di Mozart. La ritroviamo nelle descrizioni dei viaggiatori romantici impegnati nel Grand Tour e nelle carte di molti diplomatici scrittori. Nel 1874 soggiorna a Trieste lo scrittore e disegnatore francese Charles Yriarte che in seguito dà alle stampe una vivace guida intitolata Trieste e l’Istria in cui dichiara di voler far conoscere una città sconosciuta ancora a molti, ma in forte espansione.
Trieste o del nessun luogo (2001) è il racconto di una città diversa da ogni altra, forse indefinibile, in cui l’autrice Jan Morris si rispecchia, ritrovandovi la mutevolezza della sua stessa vita. Giunta a Trieste come ufficiale dell’esercito inglese nel 1945 vi torna più volte, dopo la transizione, come la donna che sentiva di essere. La sua descrizione è diventata in qualche modo paradigmatica dei tentativi di raccontare l’inafferrabile Trieste, cui appartiene anche il più recente La città celeste di Diego Marani (2021), romanzo di formazione e dichiarazione d’amore alla città.
Da Dentro a Fuori
Libri di viaggio sui generis sono le guide di Trieste scritte dai triestini: da Tre giorni a Trieste, curata tra gli altri dal Barone Revoltella nel lontano 1858, a Trieste di Silvio Benco del 1910, fino alla “Guidina” di Trieste di Corrado Premuda (2020), pensata soprattutto per i giovani lettori. Più autoriali e personali Trieste sottosopra di Mauro Covacich (2006), che ci mostra il lato edonistico dei triestini, mentre Trieste selvatica di Luigi Nacci (2019), attraverso la voce di poeti e scrittori, ci suggerisce il legame di Trieste con il Carso selvaggio che l’abbraccia.
Altre opere di Nacci, cantore della viandanza, ossia della pratica di viaggiare a piedi nei territori per meglio conoscerne le popolazioni, la storia e le caratteristiche, ci introducono a una serie di libri triestini che, fedeli a questa ispirazione, raccontano viaggi lenti: a piedi, in bicicletta, al massimo in treno o in battello. Sono le lunghe esplorazioni a metà fra il diario e il reportage di Paolo Rumiz, noto giornalista e corrispondente delle guerre balcaniche, o le goliardiche avventure ciclistiche raccontate da Diego Manna.
A bordo!
Con l’apertura del Canale di Suez, nel 1869, Trieste diviene la porta d’Oriente che apre al Mar Rosso, Africa, India, Cina e Giappone. Lloyd Austriaco (poi Lloyd Triestino), Tripcovich, Austro-Americana e Cosulich sono le compagnie protagoniste di questa avventura che, nel Novecento, comprende anche le direttrici delle Americhe, Australia e Israele, non sempre per diporto.
Sopra:
Solcano gli stessi mari, infatti, i facoltosi turisti alla scoperta di destinazioni esotiche e i migranti spinti dalle necessità economiche o dalle persecuzioni. Negli anni Venti e Trenta, Trieste è una delle “Porte di Sion” da cui passano gli ebrei diretti a costruire il nuovo stato d’Israele, un’esperienza che troviamo descritta nei libri di Giorgio Voghera Quaderno d’Israele (1967) e Carcere a Giaffa (1969).