Ebraismo
Dalla comunità ebraica, prospera e numerosa a Trieste prima della persecuzione, provengono molti dei protagonisti della vita culturale cittadina: Italo Svevo e Umberto Saba, Giorgio Voghera, Giorgio Pressburger e Ferruccio Fölkel tra gli scrittori, lo psicoanalista Edoardo Weiss, filosofi come Giorgio Fano, editori come Emilio Treves e Bobi Bazlen, storici come Fabio Cusin, scienziati come Giuseppe Levi e Pierpaolo Luzzatto Fegiz.
Alle radici ebraiche di alcuni scrittori vengono ricondotte certe caratteristiche della loro opera: la tendenza all’autoanalisi, spesso risultante in autocritica, il conseguente interesse per la psicanalisi, una sensibilità particolarmente elevata, addirittura una certa inclinazione al pessimismo. I casi di Svevo e Saba, pur lontani entrambi per indole e destino dalla religione avita, sono stati spesso indagati in questo senso.
Islam
È forse per la peculiare posizione di Trieste e per i suoi contatti con il medio Oriente che molti degli scrittori legati a Trieste mostrano un vivo interesse per il mondo islamico: se non vogliamo risalire alla Lettera a Maometto II di Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II già vescovo di Trieste, possiamo senz’altro evocare le molte pagine che vi dedica Richard Burton, particolarmente orientato al sufismo, corrente moderata e “filosofica” dell’islam, a cui dedica l’opera in versi Kasidah.
È incentrata invece sulla dottrina degli ismailiti, la corrente sciita nel cui seno fiorisce la setta degli assassini, il romanzo Alamut di Vladimir Bartol che anche altrove – nella raccolta di racconti Al-araf, che prende il nome dalla settima sura del Corano – mostra il suo interesse per la dottrina islamica. L’incontro e lo scontro fra l’islam e la cristianità nel travagliato territorio della Bosnia, infine, è il centro de Il ponte sulla Drina e di molti altri lavori di Ivo Andrić.
Cristianesimo
Un minor tasso di esotismo, ma un uguale tasso di spiritualità permea le pagine degli autori cattolici o che hanno scelto una tematica religiosa cristiana. L’irlandese James Joyce, apertamente ribelle nei confronti della religione costituita, nel suo Ulisse mette in scena il confronto fra la tolleranza dell’ebreo Bloom e l’intolleranza dei suoi concittadini cattolici. La libertà di pensiero non scardina l’orizzonte di fede in molti degli autori sloveni: Kosovel, Pahor, Rebula.
Come Alamut di Bartol, anche Nel vento della Sibilla di Rebula sfrutta le questioni della tolleranza religiosa in epoche lontane (il secondo secolo dopo Cristo dell’imperatore filosofo Marco Aurelio) per parlare del presente (con particolare riferimento alla condizione della Slovenia nel regime jugoslavo). E così fa Fulvio Tomizza nel suo Il male viene dal Nord, incentrato sulla vita del vescovo di Capodistria e, in seguito, riformatore protestante Pier Paolo Vergerio il Giovane.
Un’altra religiosità
Sofferto e ambiguo è il rapporto con la religione di Saba che sente le «due razze in antica tenzone» dell’ebraismo materno e del cattolicesimo del padre (e della amata balia slovena) combattersi dentro di sé, fino al punto di avvicinarsi alla conversione e di recitare il Padre nostro sulla tomba della amatissima Lina. Una religiosità certo più poetica, se non vogliamo dire estetica, che richiama con sfumature differenti il sentimento religioso “naturale” e sincretistico di Slataper o di Daübler.