I caffè letterari

Nati per commercianti, diventano il rifugio degli intellettuali. C’è chi li odia per l’atmosfera oziosa, come Slataper, e chi li celebra, come Magris
Caffè degli Specchi, 1960 ca. – coll. Fototeca CMSA – ph. Ugo Borsatti

La Vienna sul mare

La tradizione dei caffè come luoghi di incontro, di lavoro e di meditazione, tipica della Mitteleuropa
Celebrato da Saba con il suo nome originario di “Caffè dei negozianti”, il Tommaseo è il più antico caffè della città, intitolato nel 1848 al letterato dalmata autore del primo dizionario della lingua italiana, di cui conserva alcuni autografi. Al Caffè Garibaldi, in piazza dell’Unità, si riuniscono Svevo, Saba, Quarantotto Gambini, Voghera, Giotti, Bazlen, Stuparich. Joyce frequenta la Pasticceria Pirona per gustare il suo presnitz e lo Stella Polare, vicino alla Berlitz School dove lavora.

Il Buffet da Pepi, noto come “Pepi s’ciavo” – dispregiativo per “slavo” – è citato da Fulvio Tomizza ne Gli sposi di via Rossetti (1986), in cui si racconta la tragica storia di Danica Tomažič, figlia del proprietario, e dove compare come personaggio anche lo scrittore Boris Pahor. L’osteria Da Libero, in via Risorta, viene celebrata da Claudio Magris sulle pagine del “Corriere della Sera” come L’osteria del Santo Bevitore giocando sul fatto che Joyce, a suo tempo, abitava lì vicino.

Osteria, 1900 ca. - coll. priv.
Osteria, 1900 ca. - coll. priv.
Fulvio Tomizza al Caffè San Marco con la famiglia - coll. Fototeca CMSA - ph. Ugo Borsatti
Fulvio Tomizza al Caffè San Marco con la famiglia - coll. Fototeca CMSA - ph. Ugo Borsatti

“Il San Marco è un vero Caffè, periferia della Storia contrassegnata dalla fedeltà conservatrice e dal pluralismo liberale dei suoi frequentatori. Pseudocaffè sono quelli in cui si accampa un’unica tribù, poco importa se di signore bene, giovanotti di belle speranze, gruppi alternativi o intellettuali aggiornati. Ogni endogamia è asfittica; anche i college, i campus universitari, i club esclusivi, le classi pilota, le riunioni politiche e i simposi culturali sono la negazione della vita, che è un porto di mare”.

Claudio Magris, Microcosmi (1977)

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