Stelio Mattioni
Storia di Stelio, raffinato in raffineria, sognatore di personaggi di fumo
Nato poeta (La città perduta, 1956), è quasi naturale che Mattioni, che ama e frequenta la Trieste letteraria della sua epoca, alla morte di Saba decida di scriverne una biografia. Nel 1960, durante la prima raccolta dei materiali e delle testimonianza per la Storia di Umberto Saba (che uscirà appena trent’anni dopo, nel 1989, a testimonianza della difficoltà dell’impresa) incontra Bobi Bazlen. È l’inizio di una lunga amicizia e della sua carriera di narratore.
Dopo i racconti riuniti in Il sosia (1962) che esce per l’editore Einaudi, Mattioni pubblica una serie di romanzi con Adelphi che continua a seguire le intuizioni di Bazlen. Fra questi il Richiamo di Alma (1980) finalista al premio Campiello. La vita di Mattioni si divide fra la scrittura e il lavoro presso la raffineria l’Aquila, in cui è entrato ancora prima di aver servito l’esercito in Africa, esperienza che dà corpo al romanzo Dove del 1984.
Ormai protagonista della vita culturale di Trieste, fra il 1981 e il 1985 è direttore dell’emittente locale Tele4, scrive per la RAI e per la compagna dialettale l’Armonia. Alla sua morte lascia molti inediti, alcuni pubblicati di recente: Tululù (che in dialetto significa persona semplice, ingenua) esce nel 2002 per Adelphi, seguito nel 2009 da Memorie di un fumatore. In anni recenti è stata ripubblicata anche la biografia di Saba.
Mittel-welt
Fra le Ande e il Carso, il basso e l'alto, la prosa e il verso: il mondo di mezzo di una generazione sospesa
Juan Octavio Prenz
Figlio di istriani emigrati in Argentina, con l’ascesa della dittatura militare e l’impossibilità di manifestare liberamente idee democratiche, nel 1975 ritorna a Belgrado, dove ha già insegnato all’università negli anno ’60, e quindi a Trieste. Scrive sempre in spagnolo ed ottiene riconoscimenti internazionali che lo portano a conoscere poeti e scrittori come Borges, Neruda, Andrić, Gordimer. A Trieste, in particolare, stringe amicizia con Claudio Magris.
Prenz crede nell’interculturalità tanto da essere fra i promotori, a Trieste, di un corso universitario così intitolato. Nei suoi romanzi ironizza sui rischi della modernità e del conformismo: La favola di Innocenzo Onesto decapitato (Fàbula de Inocencio Honesto, el degollado, 1990) mostra come combattere il grave problema sociale del riso e il Il signor Krek (2006) come garantirsi la sicurezza a discapito della libertà. La sua ultima opera, emblematica, si intitola Solo gli alberi hanno radici (Solo los àrboles tienen raíces, 2013).
Se Fabio Doplicher (1938-2003) si definisce un «viaggiatore fra i cunicoli dentro di noi e i sentieri di lucciole e di stelle», i “ribelli” Ennio Emili (1937-1993) e Paolo Universo (1934-2002) esprimono in ritmi incalzanti una vena nichilista e contestataria, percorsa con ironia anche da Ugo Pierri (1937) «pittore inediale, poeta crepuscolare, scrittore di racconti non in voga». Tale nota risuona anche nei versi di Miroslav Košuta (1936) e Marko Kravos (1943).
Pino Roveredo
L’umanità vitale ma anche dolente e talvolta feroce è la protagonista della sua narrativa e della sua vita. Figlio di genitori sordomuti, attraversa una gioventù turbolenta, segnata da alcool e carcere, per uscirne con una coraggiosa penna in mano e la voglia di aiutare. Il suo fulminante esordio narrativo Capriole in salita (1996) ha imposto il suo stile particolarissimo che ha dato i frutti più maturi nei racconti di Mandami a dire (2005, premio Campiello).