Letteratura in Sloveno

La popolazione slovena fa parte del territorio triestino da tempo immemorabile. Scrittori e poeti hanno portato la sua voce nel mondo.

Boris Pahor

Dal Rogo nel porto alla Necropoli dei lager nazisti allo scontro con la Jugoslavia titina: la lunga vita scritta di un indomito sloveno triestino.

Il primo trauma di una vita segnata dallo sconto nazionale e culturale è rappresentato per Pahor dall’incendio ad opera dei fascisti del Narodni Dom / Hotel Balkan, la casa della cultura slovena. Siamo nel 1920, Pahor ha sette anni e l’esperienza è raccontata nel romanzo Il rogo nel porto (Kres v pristanu, 1959). Le violenze e la negazione dell’identità slovena messa in atto dal regime è al centro di molti suoi libri fra i quali Qui è proibito parlare (Parnik trobi nji, 1964).

Soldato italiano in Libia, dopo l’8 settembre 1943 Pahor passa in clandestinità e viene arrestato a Trieste dai domobranci, i nazisti sloveni. Torturato dalla Gestapo, viene deportato nei lager di Dachau e Bergen-Belsen. Ritrova la libertà, allo stremo delle forze, nell’aprile del 1945. La cronaca di quella terribile esperienza si legge nella sua opera più celebre, Necropoli (Nekropola, 1967), ed in I triangoli rossi (2015) romanzo dedicato ai deportati politici.

Boris Pahor, 1958 - coll. NUK
Boris Pahor, 1958 - coll. NUK
Hotel Balkan, Narodni Dom, 1990 ca. - coll BC Hortis
Hotel Balkan, Narodni Dom, 1990 ca. - coll BC Hortis

Il dopoguerra porta a Pahor nuove asprezze. Sulla rivista “Zaliv” da lui curata assieme ad Alojz Rebula, scrive degli eccidi compiuti nella Jugoslavia titina di collaborazionisti sloveni, quegli stessi domobranci che pure lo avevano arrestato e torturato. L’articolo suscita una forte eco in tutta Europa e l’ostracismo da parte jugoslava. Pahor otterrà il riconoscimento internazionale solo molto tardi, in seguito al successo conseguito in Francia.

Trieste, 1913 – 2022

Vito Timmel, Incendio del Balkan, 1941 – coll. CMR

Da Monrupino ad Alamut​

Il passaggio del Carso, la letteratura classica, le religioni, la storia: tutto è insieme lirico e politico negli scrittori sloveni di Trieste.

Srečko Kosovel

Nato e vissuto sul Carso, formatosi a Lubiana, Kosovel è una delle voci più rappresentative della poesia slovena d’avanguardia. Nonostante muoia a soli 22 anni ha lasciato più di mille poesie, centinaia di prose liriche, saggi, diari e lettere. La sua lirica è impressionista quando descrive il paesaggio carsico, espressionista quando immagina la distruzione d’Europa, costruttivista quando mescola collage, formule matematiche, colori e stili diversi, potente sempre.
Srečko Kosovel, 1926 ca. - public domain
Srečko Kosovel, 1926 ca. - public domain
Alojz Rebula - coll. Foto Video TRST 80 - ph. Marko Civardi
Alojz Rebula - coll. Foto Video TRST 80 - ph. Marko Civardi

Alojz Rebula

Unisce l’amore per il paesaggio e il vento della sua terra a quello per la letteratura classica, studiata a Lubiana e insegnata a Trieste. Nella sua opera si saldano anche una fede cattolica radicata, un sentimento nazionale fervido e una coraggiosa dissidenza che nel 1975 lo conduce, assieme a Boris Pahor, a sfidare il regime comunista jugoslavo in nome di un ideale umanistico incrollabile.

Vladimir Bartol

Da Trieste a Lubiana, Parigi, Belgrado e ritorno. Bartol è un intellettuale cosmopolita che si interessa dell’Islam nelle novelle di Al-Araf (1935) e soprattutto nel suo capolavoro Alamut (1938) in cui fa rivivere la leggenda del Vecchio della Montagna e della micidiale setta ismaelita degli hashishin, i guerrieri suicidi. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York del 2001, il romanzo è stato riscoperto e ha ispirato il celebre videogioco Assasin’s Creed.

Vladimir Bartol - coll. NUK
Vladimir Bartol - coll. NUK
Condividi